Transizione dei centri commerciali: alcune ricette per affrontarla
6 Ottobre 2022
Per capire come affrontare questo momento storico che possiamo definire di “passaggio” verso una realtà nuova, sarà utile partire dall’osservazione di quello che sta accadendo sia in termini numerici sia anche, anzi forse ancor più, sotto il profilo qualitativo e di comportamento dei consumatori e in particolare dei frequentatori dei centri commerciali, al netto delle forzature imposte dalle limitazioni pandemiche: comportamento che sembra dimostrare una sostanziale affezione nei confronti dei punti di vendita fisici, secondo modalità e abitudini nuove, che si devono mantenere sotto monitoraggio, ma già sintomatiche di un modificato approccio al processo di acquisto su cui influiscono tanti fattori che stanno trovando nel periodo attuale una concretizzazione inevitabile.
Un esempio: analizzando il panel di dati in nostro possesso, il raffronto tra i fatturati (per molte categorie merceologiche tornati ai valori del 2019 o anche superiori), con quelli delle presenze nelle gallerie commerciali, ancora lontani dai livelli 2019, racconta una nuova modalità di fruizione delle polarità commerciali. Da queste, e altre approfondite osservazioni e analisi, possiamo estrapolare alcuni concetti chiave intorno ai quali aggregare stimoli e azioni per affrontare questo momento di transizione.
Oltre l’esperienza: come integrare valore reale nel Retail
Da tempo parola diffusissima nei dibattiti e nei proclami motivazionali, tema caldissimo oggi, l’esperienzialità è da più parti indicata come il motore dei successi di un futuro molto vicino. Attenzione, però, a non semplificare.
Non è una panacea, come non lo può essere, per altri versi, la tanto sbandierata digitalizzazione. Il caposaldo imprescindibile per una polarità commerciale non può che essere ancora un azzeccato mix merceologico e di servizi, costruito sulla base non di modelli statistici standardizzati, ma di una profonda e meticolosa conoscenza del territorio nel quale gravita la struttura. Oggi strumenti sempre più affilati e avanzati sono in grado di fornire una solida base di informazioni, che devono però essere interpretate grazie a una pragmatica, fisica conoscenza del territorio, inteso quale substrato socio-economico del proprio cliente, dei suoi fabbisogni, dei suoi modelli di fruizione della struttura.
Non semplificare vuol dire anche non derubricare l’esperienzialità a imprecisate forme di tempo libero (“leisure”), di sedicenti modelli di svago o di aggregazione sociale a cui, seppur in un contesto valoriale e reputazionale positivo, il centro commerciale non può vocarsi in maniera preponderante. Continuiamo quindi a chiamarlo centro commerciale.
Snaturarlo, cambiandone denominazione per snobistico maquillage verbale, rischierebbe di indebolirlo. Lavoriamo piuttosto, con competenza e grande selettività, a un’offerta e a un servizio, che offrano il massimo della personalizzazione al nostro cliente target. Perché non spiccare equivale ad essere invisibili.
La competenza dei traghettatori nella gestione dei Centri
In una fase storico-economica così delicata, la competenza dei traghettatori è determinante. Tra essi, naturalmente, mettiamo i gestori delle strutture commerciali. La cui competenza si deve concretizzare almeno nei seguenti ambiti.
– Preparazione sui nuovi paradigmi contrattuali di collaborazione tra proprietà e conduttori (landlord& tenant); paradigmi che consentano di adottare approcci contrattuali flessibili, atti ad attrarre brand anche nuovi per il settore, si tratti di marchi consolidati o emergenti.
– Capacità nell’utilizzare le superfici retail in modo più flessibile, sperimentando nuovi formati in chiave temporanea, con attività di specialty leasing, mall activation, pop-up store. Soluzioni che stanno registrando performance incrementali sia per fatturati che pedonabilità.
– Affidabilità nel programmare e concretizzare il business plan del centro, in cui la conoscenza del business model del tenant, il monitoraggio del cash flow, la misura dei tassi di sforzo (effort rate) siano gli elementi guida costantemente monitorati.
È chiaro che si vuole porre l’enfasi sulle competenze gestionali, con l’auspicio che il retail real estate riconosca il valore aggiunto di un gestore preparato ed affidabile; affinché tutta l’industry dei centri commerciali possa compiere il balzo che l’aspetta.
Pratiche di sostenibilità nel Retail: oltre le certificazioni
È l’argomento del giorno. Merita tutto l’impegno e lo spazio necessari, ma anche in questo caso occorre un approccio molto più di sostanza che di forma per rispettare le aspettative, economiche e sociali, della catena del valore.
Un pragmatismo che non riduca il tema a mere questioni certificatorie, bensì diventi reale ricerca di sostenibilità e sviluppo concorrenziale del prodotto centro commerciale a cominciare dall’equilibrio del suo conto economico.
E anche entrando nel merito dei costi di gestione dei centri commerciali, come l’attualissimo tema della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico, si tratta di agire secondo approcci strutturati e strutturali. Analizzando i consumi in maniera esperta, pianificando interventi per dimensionare la spesa energetica, correggendo i consumi con azioni mirate, fino ad avviare processi di autovalutazione per l’autoproduzione e l’autoconsumo. Tre concetti (esperienzialità, competenza e sostenibilità) che vogliono essere prima di tutto un richiamo alla concretezza, utili a cominciare o continuare un lavoro più articolato, che comunque non perda di vista quei punti di forza che costituiscono la base del retail fisico.
Luca Maria Verpelli – Amministratore Delegato Odos Group.