Retail sempre più Digital, anzi Phygital
15 Settembre 2020
Da una ricerca Reno, che ha coinvolto oltre 250 manager durante il lockdown, emerge l’esigenza di una revisione dei vari modelli di business per sperimentare vie nuove e cercare una maggiore integrazione tra fisico e digitale.
Più volte e da più parti è stato sostenuto, in questi mesi, che la pandemia, con il suo impatto negativo sui redditi e sui consumi, non ha fatto altro che accelerare processi già in atto, portando alla luce situazioni già in corso di maturazione a livello, per così dire, sotterraneo.
Nuovo approccio al Retail
In tutti i settori merceologici, stiamo assistendo a un nuovo approccio al retail: la reviviscenza dei negozi di prossimità, la ricerca di ambienti sicuri sul piano igienico-sanitario più che di offerte e sconti e la crescita continua degli acquisti online: si può affermare senza timore di esagerare che abbiamo assistito a un vero e proprio boom dell’eCommerce. L’impatto globale del Covid-19, con i lockdown e le politiche di distanziamento, ha seriamente stressato i punti di vendita fisici e favorito lo sviluppo degli e-shop, o quanto meno la necessità di un approccio multicanale.
Tendenze emergenti e digitalizzazione con Odos
Odos Group come gestore ritiene di particolare importanza questa svolta verso una progressiva digitalizzazione di tutto il mondo retail, con inevitabili ripercussioni anche sul real estate collegato, anche per l’impatto che già si sta evidenziando sulle modalità di fruizione da parte della clientela degli shopping mall e sulle nuove abitudini di acquisto. A sostegno di questo scenario in evoluzione, Reno nei mesi di lockdown ha sottoposto un’indagine a diversi clienti retail coinvolgendo oltre 250 manager: le evidenze che ne sono emerse sono sintomatiche di una tendenza a una revisione dei vari modelli di business da parte di quegli operatori che hanno approfittato del periodo di lockdown per sperimentare vie nuove, anche solo parzialmente, in particolare per cercare quella integrazione del mondo fisico con quello digitale, la cosiddetta phygital experience. Il 54% degli intervistati ha affermato di avere implementato il servizio vendite online o le consegne (delivery) per sostenere le vendite durante la chiusura. I retailer fisici non possono, quindi, più rimandare l’integrazione dei canali in un’ottica di omnicanalità. Il tema avrà inevitabili riverberi di carattere immobiliare per la consequenziale crescita nella domanda di spazi logistici vicini ai centri urbani principali.
La dimostrazione è concretamente tangibile, al solito, negli Usa, dove uno dei simboli del commercio fisico (Walmart) ha lanciato un servizio ad abbonamento (Walmart+) per poter competere con Amazon, e offrire la consegna in giornata di generi alimentari e prodotti vari. E segnali non mancano su questo tema anche al di qua dell’oceano, dove troviamo tendenze similari e propensioni dei player pronti a muoversi nella stessa direzione: non ha più senso continuare a contrapporre eCommerce e retail tradizionale.
Forse, proprio grazie a Covid-19, comincia ad essere chiaro ai più che l’omnicanalità non è solo un neologismo di moda ma un’opportunità. Diventa, anzi, una necessità per gestire al meglio la nuova modalità di fruizione dei luoghi di acquisto, caratterizzata da più concretezza e da missioni focalizzate, con tempi di permanenza nei punti di vendita più brevi a fronte di tassi di conversione più alti. Addirittura si può pensare che il dialogo tra fisico e digitale diventi il vero driver per i flussi di clientela.
Anche in questo caso gli esempi non mancano. Fra tutti, nel mondo fashion ormai da tempo le case di moda stanno creando veri e propri showroom virtuali per presentare le nuove collezioni: sfilate fatte a porte chiuse e trasmesse in diretta sui canali social o dalle influencer. Parallelamente per aiutare gli spazi fisici, i brand stanno riprendendo a investire in servizi ad hoc creati per le esigenze di ogni cliente (customizzazione), eventi in- store, pop up, mostre d’arte temporanee, vendite private, capsule collection vendute esclusivamente in negozio, e presentate nel canale online.
Otb, proprietario di alcuni marchi del fashion come Diesel e Maison Margiela, ha lanciato uno showroom virtuale di vendita reale per mostrare le sue collezioni primavera/estate 2021 tramite live chat con un venditore.
Senza contare che, a proposito di servizi offerti dai retailer, si apre tutto il mondo del Crm e dell’assistenza alla vendita. Mondo che può determinare il successo o meno di una formula in funzione di quanto tali servizi sono in grado di rendere competitiva e distintiva una offerta, come il periodo di lockdown ha ampiamente dimostrato, per esempio nella ristorazione.
Impatto sulla ristorazione: dalle dark kitchen alle app per il delivery
Nella ristorazione si è consolidato il fenomeno (già noto prima dell’emergenza sanitaria) delle dark kitchen, le cucine chiuse pensate solo per la produzione di piatti per la consegna a domicilio, in risposta, appunto, all’incremento esponenziale della domanda a domicilio. Un nuovo modello di cucina che spinge i player a riconfigurare i propri spazi o a cercarne di nuovi, puntando a preservare la qualità dell’esperienza di consumo all’interno del locale senza compromettere lo sviluppo di new business. Degli esempi fra tutti Burger King e il format di hamburgeria Bun che si propongono su Milano in modalità dark.
Da fonte UberEats arriva una stima indicativa della portata del fenomeno del food delivery online che rappresenta una conferma netta di un cambiamento in atto: 5.000 il numero delle dark kitchen attive in Europa entro i prossimi cinque anni, al servizio di 200.000 brand di ristorazione.
Al netto degli impatti più evidenti e immediati del nuovo modo di approcciare il mercato, sia da parte della domanda che di conseguenza dell’offerta, sarà estremamente interessante e necessario rimanere in ascolto per cogliere ogni segnale e per agire di conseguenza. Che si tratti di definire nuove regole d’ingaggio o nuovi contesti per la loro implementazione.
Luca Maria Verpelli – Amministratore Delegato Odos Group e Gianenrico Buso – Amministratore Delegato di Reno