Lease management o arte di mediare gli opposti?
5 Ottobre 2023
La necessità di recuperare i fatturati rende complesso trovare un punto di equilibrio tra le richieste dei retailer/tenant e le esigenze della proprietà di valorizzare gli asset.
Quali sono i principali ambiti di confronto nelle trattative in ambito commercializzazione degli spazi?
E soprattutto quali parametri stanno diventando strategici e/o prioritari? Su una rivista di settore non sono mai domande inutili, e Fabio Faranda è la persona più adatta per rispondere su questi temi.
“In generale possiamo dire di non aver assistito, anche negli ultimi complessi anni, a un cambiamento dei driver di negoziazione standard – precisa Faranda -. Certamente però la corsa al recupero dei fatturati e delle performance finanziarie finisce per creare momenti di sofferenza nel rapporto tra landlord e tenant”.
Come si esplica questa sofferenza tra i due partner (retailer e proprietà)?
Tale situazione di conflitto rende sempre più complicato trovare il punto di equilibrio tra le due diverse dinamiche, con le richieste – lato operatori retail – di capital contribution e canoni calmierati e parametrati all’andamento reale del mercato, che non si sposano con le necessità di valorizzazione degli asset a cui devono far fronte i landlord, pressati a loro volta dal sistema finanziario e dalle sue leve.
A ciò si aggiunga che in generale anche la fase di messa a punto e discussione dei testi contrattuali è diventata sempre più delicata e complessa rispetto a quanto accadeva solo qualche anno fa. Con l’inserimento frequente di clausole a livello corporate, specie delle insegne multinazionali, su temi legati a possibili nuove pandemie e/o altre cause di forza maggiore, che rendono le trattative oggetto di analisi ancora più minuziose e approfondite. Con ovvi effetti sulla loro durata e sul time-to-market della maggioranza dei deal.
È possibile trovare un punto di equilibrio in un contesto così complesso?
Il ruolo di chi si occupa di leasing è proprio quello di riuscire a contemperare le differenti esigenze e di individuare aree di equilibrio. Per farlo possiamo parlare di due driver in particolare: conoscenza e presenza. Sempre più player si aprono a valutazioni articolate e omnicomprensive, volte a considerare non tanto la singola location quanto un progetto leasing nella sua interezza. Il che significa che esiste un livello di interlocuzione sempre più consapevole e che uno degli elementi chiave su cui è necessario puntare è la conoscenza; in tutte le sue interpretazioni. Conoscenza del contesto di mercato, certamente, ma anche e soprattutto conoscenza del prodotto, delle molteplici sfaccettature che compongono i tessuti imprenditoriali locali coinvolgibili in un progetto e di tutte le opportunità da sondare per individuare anche soluzioni innovative e fuori dagli schemi.
Insomma, “Nulla uccide una commercializzazione più della mancanza di conoscenza” potremmo dire parafrasando Brian Tracy. E ci crediamo davvero. Chiaramente un approccio simile poggia su competenze e informazioni spesso fornite dal mondo delle ricerche e dell’analisi, per definire la migliore strategia da adottare caso per caso.
Ma la differenza di solito la fa la capacità di gestire il processo di commercializzazione su entrambi i lati (tenant e landlord) con un approccio fatto di vicinanza, affiancamento, fiducia, supporto costante. In una parola: presenza. Sembra banale, ma assicuro che non lo è. Far sentire la propria presenza fattiva a tutti i player di un processo di leasing può risultare un elemento di differenziazione e di rassicurazione con effetti importanti. Anche perché presenza significa anche poter lavorare a livello locale, con tutto quello che ne consegue in termini di padronanza delle metriche e delle modalità specifiche del luogo.
Quali altre funzioni aziendali, oltre al leasing, devono collaborare attivamente nei processi di commercializzazione?
Il leasing oggi deve essere inserito in un ecosistema aziendale che permetta la conoscenza di tutti gli aspetti della vita di un centro commerciale e del suo contesto di riferimento. Anche perché durante le negoziazioni con nuovi operatori, oltre ai classici e inevitabili temi tecnici e di pilotage, il leasing deve trattare temi aspetti più specifici legati alla gestione. Che si tratti di questioni ambientali, economiche o di marketing, la funzione leasing, come front office della struttura incaricata della commercializzazione, non può limitarsi a rimandare ad altre funzioni aziendali, secondo il classico detto “la mano destra non sa cosa fa la sinistra”. Le informazioni chiave devono permeare la struttura a tutti i livelli.
Se appare scontato che le performance dei vari tenant, in termini di effort rate, siano costantemente aggiornate e parte del bagaglio informativo della funzione leasing, e quindi che essa debba lavorare fianco a fianco con la funzione locativa – non è forse altrettanto scontato che la stessa collaborazione deve riguardare gli aspetti di marketing e comunicazione: da un lato è importante che il leasing possa contare su argomenti strategici nelle trattative, in cui sapere quanto e come un certo asset si occupa della promozione della propria offerta; dall’altro, la funzione marketing è direttamente coinvolta nel processo di promozione B2B del prodotto da commercializzare (attraverso comunicati, siti, brochure, presentazioni) e di conseguenza fin dalle prime fasi del processo di costruzione di tale prodotto.
Quanto un buon leasing può impattare sulla gestione dell’asset?
Il successo di un prodotto è in prima istanza merito del prodotto, che, se ben concepito e costruito, e quindi capace di rispondere ai bisogni del proprio pubblico, è già sulla strada per il successo. I mall non sfuggono a questa regola e la funzione leasing è quella che contribuisce in misura maggiore alla costruzione del mall stesso. Va da sé che un buon lavoro leasing impatta in modo determinante sul suo positivo andamento. Basti pensare che inserire le insegne più corrette per quello specifico asset può generare flussi finanziari ottimali, con conseguenti riverberi in termini gestionali e di programmazione operativa. In un circolo virtuoso che porta l’asset ad avere un vantaggio competitivo sul mercato. E d’altro canto va detto che una gestione virtuosa dell’asset non può che costituire un tassello fondamentale per la sua commercializzazione. Ecco perché si può affermare che la situazione ideale è quella in cui leasing e gestione rientrano nelle competenze e responsabilità dello stesso attore. In modo che la commercializzazione sia pensata anche in funzione della gestione e la gestione portata avanti anche in ottica leasing.
A questo proposito ricordo gli esempi di centri come La Birreria a Napoli, Due Mari a Lamezia Terme, Vibo Center a Vibo Valentia, Malpensa Uno a Gallarate o Le Zagare a Catania. Centri commerciali accomunati da un approccio commerciale e gestionale in linea con le necessità specifiche del territorio di riferimento e all’interno di un processo articolato su più fasi sinergiche, funzionale alla riduzione/eliminazione delle vacancy e all’inserimento di insegne capaci di impattare sull’attrattività generale dell’asset. Questi centri presentano oggi un ottimo equilibrio finanziario delle parti coinvolte, vacancy ai minimi e credit collection senza significativi problemi.
Fabio Faranda | Leasing Manager di Odos Group