Se al Consorzio Operatori di un Centro Commerciale manca ossigeno
26 Maggio 2022
Il “sogno proibito” di ogni proprietario di immobili in un centro commerciale prevederebbe:
- un affitto congruo, sicuro e puntuale nell’incasso;
- l’assenza di fastidi gestionali;
- la rivalutazione costante del bene locato.
E, per vero, c’è stato un periodo, pure abbastanza lungo, in cui il sogno ha coinciso con la realtà grazie all’esistenza dei “consorzi operatori”.
Inutile dire che di tale passato si è da tempo persa la traccia, con un corollario di criticità emergenti che ne sono conseguite:
- le crescenti difficoltà dei consorzi operatori a svolgere le proprie funzioni, sfociate nella messa in liquidazione;
- gli effetti da ciò determinati.
L’origine e la caduta dei consorzi operatori
I consorzi operatori nacquero sul presupposto che fosse massimo interesse degli operatori stessi ben amministrare la cosa comune per ottenere, in primis con le iniziative promozionali, le migliori performance commerciali del centro in cui operavano e…. con l’idea sottesa delle proprietà di mantenere per sé la “polpa” terziarizzando seccature e rischi dell’ordinarietà.
Ma quando il vento cominciò a girare, i consorzi cominciarono a faticare nel recupero del credito, per ragioni ambientali fin troppo evidenti, fino al momento in cui, per pagare le bollette, bisognava affidarsi alle puntualità delle quote consortili, quando non anche delle anticipazioni, della GDO.
E se il consorzio veniva meno, si rendeva necessario che il condominio si assumesse i compiti di cui si era liberato con la creazione del consorzio stesso, ma, tralasciando le diverse qualità gestionali di sonnolente amministrazioni condominiali improvvisamente chiamate ad affrontare la complessità della vita di un centro commerciale, si scopriva allora con sgomento che il condominio non è soggetto iva e, pertanto, non opera in tale ambito, tipico invece delle attività imprenditoriali.
La situazione critica attuale del commercio accentua i casi come sopra descritti e interpella i professionisti del settore a fornire risposte.
Che sono in sostanza tre:
- mantenere la gestione in capo al condominio implementandone l’amministrazione con interventi idonei a migliorarne la capacità operativa;
- creare un consorzio, o una scarl, dei proprietari;
- stipulare un contratto di mandato con società di gestione specializzata.
La prima via è percorribile, ma è la negazione dell’ottimizzazione fiscale; la seconda, se si riesce a percorrerla, risolve i problemi di liquidità e ottimizzazione fiscale, ma necessita del supporto consulenziale di società di gestione esperta del settore; la terza semplifica le risposte nel senso che individua nello stesso soggetto tutte le funzioni necessarie allo scopo.
Esperienze e appoggi proposti dal gruppo Odos
Il gruppo Odos, negli oltre vent’anni della propria attività, ha avuto modo di cimentarsi in tutte e tre le fattispecie sopra cennate.
Laddove, per necessità o scelta, raramente invero, ad amministrare il centro fu mantenuto il condominio, le tensioni non mancarono sia per l’onerosità intrinseca della soluzione che per la scarsa flessibilità dell’apparato normativo in un ambito così vivo come è un centro commerciale.
I consorzi proprietari/scarl scontrano due rilevanti ostacoli: la difficoltà di mettere insieme tutti i proprietari e la percezione, da parte degli stessi, dei rischi e della corposità degli adempimenti cui gli organi amministrativi sono soggetti: ne abbiamo assistito, e ne assistiamo, un buon numero e quasi sempre la richiesta è di fornire un “uomo Odos” per ricoprire la carica di presidente.
Il mandato è, a nostro avviso, la risposta più corretta, snella ed immediata perché l’adozione del mandato da parte dell’assemblea condominiale non richiede maggioranze particolari; libera i proprietari dalle incombenze derivanti dall’essere consorziati/soci; ottiene la stessa efficacia di un consorzio nell’ottimizzazione fiscale.
Forse sarà per questo che chi lo ha sperimentato non lo ha più abbandonato.
Guido Pezzana – Amministratore Unico Odos s.r.l.